
martedì, ottobre 31, 2006
SP500...usiamo ancora i tagli.

sabato, ottobre 28, 2006
DowJones alla griglia

giovedì, ottobre 26, 2006
Occhio all'euforia...

martedì, ottobre 24, 2006
SP500...where we are...

lunedì, ottobre 23, 2006
Invito alla lettura

venerdì, ottobre 20, 2006
EuroFX (cambio Euro-Dollaro)

giovedì, ottobre 19, 2006
Declassamento.

Comportamento nella norma.

mercoledì, ottobre 18, 2006
Recensione

Entriamo nel dettaglio

lunedì, ottobre 16, 2006
S&P500 l'alter ego del Dow Jones.

domenica, ottobre 15, 2006
Italiani è tempo di fare il proprio dovere...

venerdì, ottobre 13, 2006
Il Russell tenta il riallineamento...

mercoledì, ottobre 11, 2006
Quanti siete? Un fiorino!!!

martedì, ottobre 10, 2006
Dax Aeterna o solo Lux Aeterna?

Indicatori e quant'altro caratterizzano il presente e non svelano alcun futuro, certo, se il presente assomiglia ad un preciso passato si possono fare congetture, si possono costruire ipotesi probabilistiche. E' risaputo che il momentum è la spinta di ogni mercato, è anche risaputo che un mercato può tranquillamente incedere più lentamente (perdendo momentum) ma continuare a salire per giorni, settimane o mesi in barba a qualsiasi indicatore. Spero sia chiaro il senso di quanto detto. Da settimane ho rilevato divergenze settoriali non da poco, formatesi da maggio ad ora, adesso sul Dax si va formando (non si è formata....) una divergenza di momentum. Più o meno parente di quella che nel 2003 caratterizzò l'inversione rialzista. Dunque abbiamo in pentola sui vari indici internazionali: divergenze settoriali, divergenze di momentum, divergenze di volume tra azioni che salgono e quelle che scendono. Ottimi ingredienti per una inversione...a patto che il cuoco la voglia davvero sfornare, manca il segnale tecnico (che al primo colpo sarà sicuramente falso). Diciamo che se uno ha un portafoglio azionario fa bene a tenerlo e a seguirlo in trailing stop, ma a dire di incrementare posizioni secondo me c'è da stare parecchio prudenti.
9 ottobre 1963 ore 22:39

lunedì, ottobre 09, 2006
Arrivano gli indiani!!!

Ti dico questo: Il mercato non sbaglia mai, sbaglia il trader nel non saperlo interpretare qualunque cosa usi, da Elliott ai fondi di una tazzina di caffè!!!
domenica, ottobre 08, 2006
Dow in pensione? Ma fatemi il piacere...

venerdì, ottobre 06, 2006
Correliamo i continenti.

Tutto ciò si può raccordare sul Dow con la stilizzazione rossa ovvero non saremmo alla fine dei giochi ma solo su una prima tranche dell'ultimo "vagito rialzista" di lunghissimo termine. A vederli così sembrerebbe quest'ultima la costruzione più attinente ad entrambe i continenti ma...ma i nostri indici (e pure lo S&P500) non arrivano indietro al 1900 dunque non si può fare un corretto studio di lunghissimo termine ovvero la correlazione proposta è tutt'altro che scontata. Va detto poi un'altra cosa, Elliott studiò i mercati americani e soprattutto ilo DowJones, non tutti i mercati sono uguali, ok va bene per i bull ed i bear ma non è proprio scontato che la teoria delle onde sia una sorta di "bibbia" per tutti. Altra cosa: Ralph Nelson Elliott formulò la teoria nella prima metà del novecento, costruì un modello frattale di onde ma lui non ha mai avuto la possibilità di effettuare nessuno studio su così lunghi dati del DowJones, avrà sicuramente osservato i tracciati delle materie prime nei secoli addietro ma è anche vero che le commodities non hanno stesse caratteristiche di un finanziario. In sintesi questi conteggi di lunghissimo termine più che un territorio di applicazione della teoria sono un vero e proprio "territorio di ricerca" nell'ambito della stessa. Noi siamo i primi ad aver davanti "dal vivo" un ciclo a 5 onde di quasi un secolo...funzionerà Elliott a tali orizzonti? E' una domanda lecita che ci deve far riflettere e rifiutare "previsioni facili", dunque ribadisco che tutto è al massimo un gioco di probabilità, serio quanto si vuole ma non è "il futuro". Vi riporto sotto un grafico che ho trovato in rete, molto interessante, sotto certi aspetti coincide col mio DowPerpetuo anche se non ci sono segnate onde ma ipotesi di tipo "economico strutturale". Staremo a vedere.
giovedì, ottobre 05, 2006
Destra, Sinistra o Dritto? ...meglio il dietro front!

La reale situazione economica valutaria in cui siamo.

L’amministrazione Bush non permetterà mai che il governo iraniano apra una borsa petrolifera iraniana basata sull’euro. Se ciò dovesse accadere centinaia di miliardi di dollari rifluirebbero negli Stati Uniti con l’effetto di schiacciare il biglietto verde e affondare l’economia. Ecco perchè Bush & Co, vogliono fare la guerra all’Iran. Si tratta puramente e semplicemente di difendere l’attuale sistema mondiale e la sua moneta di riserva: il dollaro.
L’accusa che l’Iran si stia preparando a sviluppare armi atomiche è un semplice pretesto. Secondo la NIE (National Intelligence Estimate) l’Iran avrà bisogno ancora di una decina d’anni per poter sviluppare qualche forma di armamento atomico. Il direttore della IAEA, Mohammed ElBaradei ha ripetuto continuamente che la propria agenzia di controllo non ha trovato “nessuna prova” che esista un programma nucleare militare.
Non esiste infatti nessun piano nucleare di armamenti, né tantomeno nessun armamento nucleare, in realtà sono i progetti economici iraniani che costituiscono una minaccia mortale per l’economia americana, e la minaccia non può essere ignorata lasciando che sia l’inesorabile funzionamento delle leggi del libero mercato a regolare le cose.
Fatto sta che l’America ha il monopolio sul mercato del petrolio. Il petrolio viene venduto esclusivamente in dollari presso le borse di New York (NYMEX) o di Londra (IPE), ambedue in mani americane. Questo comporta che le banche centrali mondiali sono costrette a mantenere grosse riserve di dollari anche con un biglietto verde appesantito da un debito di 8 mila miliardi di dollari e con l’amministrazione Bush che ha dichiarato di continuare nella sua politica di indebitamento rendendo permanenti i tagli alle tasse.
Il monopolio americano, come valuta mondiale di riserva, segue perfettamente lo schema piramidale di una catena di Sant’Antonio. Dal momento che le altre nazioni sono obbligate a comprare dollari per potersi approvvigionare di petrolio, gli USA possono continuare nella loro politica sfrenata di indebitamento senza pagare pegno. (Attualmente il dollaro rappresenta il 68% dell’ammontare complessivo delle riserve mondiali, contro il 51% di appena una decina di anni fa.) L’unica minaccia a questa strategia è la prospettiva di una concorrenza rappresentata da una terza borsa mondiale indipendente, che costringerebbe il già pericolante dollaro a confrontarsi faccia a faccia con una valuta di riserva più stabile (e senza grossi debiti) come l’euro. Questa situazione consentirebbe alle banche centrali di diversificare le loro riserve rimandando in America miliardi di dollari con l’effetto di provocare un devastante ciclo di iperinflazione.
Gli sforzi di mantenere lontano dai titoli di prima pagina l’apertura della borsa petrolifera iraniana sono stati coronati da un grande successo. Una ricerca con Google ci dimostra che NESSUNO dei maggiori giornali o reti TV ha parlato dell’imminente borsa iraniana. L’avversione dei mezzi di informazione principali a riferire su temi controversi di interesse del pubblico si è manifestata in modo evidente in molti altri casi, come per esempio le elezioni fraudolente del 2004, i resoconti stenografici di Downing Street e la distruzione di Falluja. I grandi mezzi di comunicazione invece di informare il pubblico hanno fatto da grancassa ai disegni del governo, manipolando così l’opinione pubblica ripetendo in continuazione i temi demagogici di Bush. Il risultato è che pochi sono a conoscenza della gravità della situazione che minaccia l’economia americana.
La controversia non è quindi tra “liberali contro conservatori”. Tutti quelli che hanno analizzato il problema sono giunti alla medesima conclusione, se la borsa iraniana avrà successo il dollaro precipiterò con gravi conseguenze per l’economia americana.
Ecco che cosa riferisce Krassimir Petrov, laureato in economia, in un suo recente articolo dal titolo: La proposta borsa petrolifera iraniana:
“Da un punto di vista puramente economico se la borsa iraniana avrà successo verrà presto preferita dalle maggiori forze economiche mondiali accelerando l’abbandono del dollaro. La caduta del dollaro aumenterà in modo drammatico l’inflazione americana facendo salire verso l’alto gli interessi americani a lungo termine. A questo punto la Fed si troverà a fronteggiare una difficile scelta… deflazione o iperinflazione, quindi o farà ricorso alla “medicina classica” dello schema deflativo, con l’aumento dei tassi di interesse, che, a loro volta causeranno una depressione economica grave, con la caduta del mercato immobiliare, l’implosione delle azioni, dei bonds e dei mercati dei derivati, insomma un collasso finanziario totale, oppure, in alternativa, scegliere la strada di Weimar dell’inflazione….
Senza alcun dubbio il Comandante in Capo Ben Bernanke, un applaudito studioso della Grande Depressione…, sceglierà l’inflazione… il Maestro gli ha insegnato che la panacea di ogni problema finanziario è quella inflativa, accada quello che accada… per evitare la deflazione si farà ricorso alle rotative tipografiche del Tesoro, …e, se necessario, si monetizzerà tutto quello che c’è da monetizzare. Il risultato finale sarà la distruzione della valuta americana per mezzo delle iperinflazione…”
Così, o si aumentano i tassi di interesse e si provoca un “crollo finanziario totale” oppure si sceglie “la strada di Weimar” e si ottiene la “distruzione dell’economia americana a causa della iperinflazione.”
Le prospettive non sono buone, alle stesse conclusioni pervengono anche gli analisti di destra. L’articolo di Alan Peter, “La minaccia dei Mullah non è infondata”, pubblicato su FrontPageMagazine.com, presenta le stesse preoccupanti conclusioni a riguardo dei pericoli di una borsa petrolifera iraniana:
“Un monte di dollari in possesso delle Banche Centrali e dei leader asiatici, in aggiunta ai ridotti tassi di interesse offerti agli investitori da parte degli USA ha messo il dollaro in pericolo… un dito nervoso sul grilletto del mercato dei cambi può colpire e abbattere il dollaro anche senza nessuna cattiva intenzione. Le stime più diffuse ritengono che il dollaro possa scendere a livelli terra-terra con una rapida perdita di almeno il 50%, tenuto conto della sua supervalutazione attuale del 40%.
L’erosione di valore del biglietto verde era stata prevista dall’ex direttore della Fed Paul Volcker il quale aveva detto che “vi è il 75% di probabilità che il dollaro crolli entro i prossimi cinque anni”.
Questo crollo comporterebbe l’innalzamento dei tassi di interesse, una iperinflazione, un impennata stratosferica dei costi energetici, una diffusione massiccia della disoccupazione e, forse, una depressione. Questo è il preoccupante scenario che si apre di fronte alla prospettiva della borsa iraniana che può far cadere il dollaro dal suo traballante trespolo. Ecco perché la guerra contro l’Iran, anche nucleare, è molto probabile.
L’articolo continua così: “Con le economie mondiali strettamente interconnesse e interdipendenti una depressione mondiale, non solo americana, avrebbe un effetto domino che provocherà la povertà in tutto il mondo. I mercati necessari alle merci americane, ora disponibili a costi bassissimi, non si potrebbero più materializzare. Il risultato, secondo stime dello SME, potrebbe essere la disoccupazione di 200 milioni di americani con la gente che muore di fame per le strade mentre niente e nessuno li può aiutare, a differenza della Grande Depressione del 1920/30 quando venivano fornite minestre calde e aiuti ai poveri.”
Liberali o conservatori, le analisi coincidono. Se l’America non riesce a fronteggiare il potenziale catastrofico della borsa iraniana gli americani si possono aspettare le peggiori conseguenze.
Adesso si può comprendere perché i media americani si sono preoccupati di non fare nessun accenno alla borsa petrolifera iraniana. Si tratta di un segreto che i padroni del vapore vogliono mantenere per se stessi. E’ più facile convincere il pubblico ad accettare una nuova guerra per via dei fanatici islamici o della paura nucleare che non per le vere ragioni della difesa di un dollaro piuttosto anemico. Cionondimeno quello che stiamo facendo in Irak e che, presumibilmente, faremo nel prossimo futuro in Iran, è nient’altro che la difesa del dollaro. (Saddam si era convertito all’euro nel 2000, nel 2001 sono incominciati i bombardamenti.) (In preparazione dell’invasione nel 2003. NdT)
Il dilemma può essere risolto in maniera pacifica, ma ciò non è possibile se Bush insiste a nascondersi dietro lo stupido inganno del terrorismo e degli armamenti nucleari immaginari. Bush dovrebbe essere chiaro con gli elettori per quanto riguarda la vera natura della crisi energetica globale e smetterla di invocare Bin Laden le armi di distruzione di massa per giustificare le aggressioni americane. C’è bisogno di una strategia energetica omnicomprensiva (che comprenda il finanziamento governativo per progetti di conservazione, per la ricerca di fonti alternative e per lo sviluppo di una nuova linea di veicoli ibridi “made in America”, negoziati in buona fede con l’Iran per regolamentare le quantità di petrolio che potranno mettere sul mercato in valuta euro (permettendo così al dollaro di trovare una via di uscita con calma) e un approccio collettivo “internazionale” per il consumo e la distribuzione dell’energia (sotto gli auspici di una Assemblea Generale dell’ONU).
Bisognerebbe incoraggiare una maggiore parità fra le valute per rafforzare le democrazie e rinvigorire i mercati. Se si consentono nuovi modelli di sviluppo politico si può infondere nuova vitalità ai mercati senza il timore di essere schiacciati dal prototipo capitalista. L’attuale predominio del biglietto verde ha creato un impero mondiale che, per mantenere la propria supremazia, deve fare ricorso, in larga misura, all’indebitamento, alla tortura, e alla guerra.
La borsa petrolifera iraniana rappresenta oggi una delle più grandi sfide al dollaro e ai suoi difensori della Federal Riserve. Se Bush va avanti per la sua strada e risponde con attacchi “nucleari” preventivi contro siti nucleari presunti allora gli alleati si allontaneranno ancora di più mentre altri paesi saranno costretti a reagire. Come dice il dottor Petrov: “I paesi con le maggiori riserve in dollari possono decidere tranquillamente di reagire inondando il mercato con montagne di dollari, impedendo così agli USA di finanziare le proprie ambizioni militari.”
E’ sempre più probabile che il più grande campione dell’attuale sistema sia anche quello che ne avrà provocato la caduta.
Mike Whitney
Fonte:www.dissidentvoice.org
Articolo tradotto da www.comedonchishotte.org
L’accusa che l’Iran si stia preparando a sviluppare armi atomiche è un semplice pretesto. Secondo la NIE (National Intelligence Estimate) l’Iran avrà bisogno ancora di una decina d’anni per poter sviluppare qualche forma di armamento atomico. Il direttore della IAEA, Mohammed ElBaradei ha ripetuto continuamente che la propria agenzia di controllo non ha trovato “nessuna prova” che esista un programma nucleare militare.
Non esiste infatti nessun piano nucleare di armamenti, né tantomeno nessun armamento nucleare, in realtà sono i progetti economici iraniani che costituiscono una minaccia mortale per l’economia americana, e la minaccia non può essere ignorata lasciando che sia l’inesorabile funzionamento delle leggi del libero mercato a regolare le cose.
Fatto sta che l’America ha il monopolio sul mercato del petrolio. Il petrolio viene venduto esclusivamente in dollari presso le borse di New York (NYMEX) o di Londra (IPE), ambedue in mani americane. Questo comporta che le banche centrali mondiali sono costrette a mantenere grosse riserve di dollari anche con un biglietto verde appesantito da un debito di 8 mila miliardi di dollari e con l’amministrazione Bush che ha dichiarato di continuare nella sua politica di indebitamento rendendo permanenti i tagli alle tasse.
Il monopolio americano, come valuta mondiale di riserva, segue perfettamente lo schema piramidale di una catena di Sant’Antonio. Dal momento che le altre nazioni sono obbligate a comprare dollari per potersi approvvigionare di petrolio, gli USA possono continuare nella loro politica sfrenata di indebitamento senza pagare pegno. (Attualmente il dollaro rappresenta il 68% dell’ammontare complessivo delle riserve mondiali, contro il 51% di appena una decina di anni fa.) L’unica minaccia a questa strategia è la prospettiva di una concorrenza rappresentata da una terza borsa mondiale indipendente, che costringerebbe il già pericolante dollaro a confrontarsi faccia a faccia con una valuta di riserva più stabile (e senza grossi debiti) come l’euro. Questa situazione consentirebbe alle banche centrali di diversificare le loro riserve rimandando in America miliardi di dollari con l’effetto di provocare un devastante ciclo di iperinflazione.
Gli sforzi di mantenere lontano dai titoli di prima pagina l’apertura della borsa petrolifera iraniana sono stati coronati da un grande successo. Una ricerca con Google ci dimostra che NESSUNO dei maggiori giornali o reti TV ha parlato dell’imminente borsa iraniana. L’avversione dei mezzi di informazione principali a riferire su temi controversi di interesse del pubblico si è manifestata in modo evidente in molti altri casi, come per esempio le elezioni fraudolente del 2004, i resoconti stenografici di Downing Street e la distruzione di Falluja. I grandi mezzi di comunicazione invece di informare il pubblico hanno fatto da grancassa ai disegni del governo, manipolando così l’opinione pubblica ripetendo in continuazione i temi demagogici di Bush. Il risultato è che pochi sono a conoscenza della gravità della situazione che minaccia l’economia americana.
La controversia non è quindi tra “liberali contro conservatori”. Tutti quelli che hanno analizzato il problema sono giunti alla medesima conclusione, se la borsa iraniana avrà successo il dollaro precipiterò con gravi conseguenze per l’economia americana.
Ecco che cosa riferisce Krassimir Petrov, laureato in economia, in un suo recente articolo dal titolo: La proposta borsa petrolifera iraniana:
“Da un punto di vista puramente economico se la borsa iraniana avrà successo verrà presto preferita dalle maggiori forze economiche mondiali accelerando l’abbandono del dollaro. La caduta del dollaro aumenterà in modo drammatico l’inflazione americana facendo salire verso l’alto gli interessi americani a lungo termine. A questo punto la Fed si troverà a fronteggiare una difficile scelta… deflazione o iperinflazione, quindi o farà ricorso alla “medicina classica” dello schema deflativo, con l’aumento dei tassi di interesse, che, a loro volta causeranno una depressione economica grave, con la caduta del mercato immobiliare, l’implosione delle azioni, dei bonds e dei mercati dei derivati, insomma un collasso finanziario totale, oppure, in alternativa, scegliere la strada di Weimar dell’inflazione….
Senza alcun dubbio il Comandante in Capo Ben Bernanke, un applaudito studioso della Grande Depressione…, sceglierà l’inflazione… il Maestro gli ha insegnato che la panacea di ogni problema finanziario è quella inflativa, accada quello che accada… per evitare la deflazione si farà ricorso alle rotative tipografiche del Tesoro, …e, se necessario, si monetizzerà tutto quello che c’è da monetizzare. Il risultato finale sarà la distruzione della valuta americana per mezzo delle iperinflazione…”
Così, o si aumentano i tassi di interesse e si provoca un “crollo finanziario totale” oppure si sceglie “la strada di Weimar” e si ottiene la “distruzione dell’economia americana a causa della iperinflazione.”
Le prospettive non sono buone, alle stesse conclusioni pervengono anche gli analisti di destra. L’articolo di Alan Peter, “La minaccia dei Mullah non è infondata”, pubblicato su FrontPageMagazine.com, presenta le stesse preoccupanti conclusioni a riguardo dei pericoli di una borsa petrolifera iraniana:
“Un monte di dollari in possesso delle Banche Centrali e dei leader asiatici, in aggiunta ai ridotti tassi di interesse offerti agli investitori da parte degli USA ha messo il dollaro in pericolo… un dito nervoso sul grilletto del mercato dei cambi può colpire e abbattere il dollaro anche senza nessuna cattiva intenzione. Le stime più diffuse ritengono che il dollaro possa scendere a livelli terra-terra con una rapida perdita di almeno il 50%, tenuto conto della sua supervalutazione attuale del 40%.
L’erosione di valore del biglietto verde era stata prevista dall’ex direttore della Fed Paul Volcker il quale aveva detto che “vi è il 75% di probabilità che il dollaro crolli entro i prossimi cinque anni”.
Questo crollo comporterebbe l’innalzamento dei tassi di interesse, una iperinflazione, un impennata stratosferica dei costi energetici, una diffusione massiccia della disoccupazione e, forse, una depressione. Questo è il preoccupante scenario che si apre di fronte alla prospettiva della borsa iraniana che può far cadere il dollaro dal suo traballante trespolo. Ecco perché la guerra contro l’Iran, anche nucleare, è molto probabile.
L’articolo continua così: “Con le economie mondiali strettamente interconnesse e interdipendenti una depressione mondiale, non solo americana, avrebbe un effetto domino che provocherà la povertà in tutto il mondo. I mercati necessari alle merci americane, ora disponibili a costi bassissimi, non si potrebbero più materializzare. Il risultato, secondo stime dello SME, potrebbe essere la disoccupazione di 200 milioni di americani con la gente che muore di fame per le strade mentre niente e nessuno li può aiutare, a differenza della Grande Depressione del 1920/30 quando venivano fornite minestre calde e aiuti ai poveri.”
Liberali o conservatori, le analisi coincidono. Se l’America non riesce a fronteggiare il potenziale catastrofico della borsa iraniana gli americani si possono aspettare le peggiori conseguenze.
Adesso si può comprendere perché i media americani si sono preoccupati di non fare nessun accenno alla borsa petrolifera iraniana. Si tratta di un segreto che i padroni del vapore vogliono mantenere per se stessi. E’ più facile convincere il pubblico ad accettare una nuova guerra per via dei fanatici islamici o della paura nucleare che non per le vere ragioni della difesa di un dollaro piuttosto anemico. Cionondimeno quello che stiamo facendo in Irak e che, presumibilmente, faremo nel prossimo futuro in Iran, è nient’altro che la difesa del dollaro. (Saddam si era convertito all’euro nel 2000, nel 2001 sono incominciati i bombardamenti.) (In preparazione dell’invasione nel 2003. NdT)
Il dilemma può essere risolto in maniera pacifica, ma ciò non è possibile se Bush insiste a nascondersi dietro lo stupido inganno del terrorismo e degli armamenti nucleari immaginari. Bush dovrebbe essere chiaro con gli elettori per quanto riguarda la vera natura della crisi energetica globale e smetterla di invocare Bin Laden le armi di distruzione di massa per giustificare le aggressioni americane. C’è bisogno di una strategia energetica omnicomprensiva (che comprenda il finanziamento governativo per progetti di conservazione, per la ricerca di fonti alternative e per lo sviluppo di una nuova linea di veicoli ibridi “made in America”, negoziati in buona fede con l’Iran per regolamentare le quantità di petrolio che potranno mettere sul mercato in valuta euro (permettendo così al dollaro di trovare una via di uscita con calma) e un approccio collettivo “internazionale” per il consumo e la distribuzione dell’energia (sotto gli auspici di una Assemblea Generale dell’ONU).
Bisognerebbe incoraggiare una maggiore parità fra le valute per rafforzare le democrazie e rinvigorire i mercati. Se si consentono nuovi modelli di sviluppo politico si può infondere nuova vitalità ai mercati senza il timore di essere schiacciati dal prototipo capitalista. L’attuale predominio del biglietto verde ha creato un impero mondiale che, per mantenere la propria supremazia, deve fare ricorso, in larga misura, all’indebitamento, alla tortura, e alla guerra.
La borsa petrolifera iraniana rappresenta oggi una delle più grandi sfide al dollaro e ai suoi difensori della Federal Riserve. Se Bush va avanti per la sua strada e risponde con attacchi “nucleari” preventivi contro siti nucleari presunti allora gli alleati si allontaneranno ancora di più mentre altri paesi saranno costretti a reagire. Come dice il dottor Petrov: “I paesi con le maggiori riserve in dollari possono decidere tranquillamente di reagire inondando il mercato con montagne di dollari, impedendo così agli USA di finanziare le proprie ambizioni militari.”
E’ sempre più probabile che il più grande campione dell’attuale sistema sia anche quello che ne avrà provocato la caduta.
Mike Whitney
Fonte:www.dissidentvoice.org
Articolo tradotto da www.comedonchishotte.org
mercoledì, ottobre 04, 2006
Doppio Massimo??....per me prosegue.

martedì, ottobre 03, 2006
Pump Up The Volume please!!!

New High Ground!!!!

AeroSOL..A di Stato.

A me risulta che i Diesel producano polveri più pesanti rispetto ai Benzina e grazie alla legge gravitazionale (la mela di Newton) cadono a terra e ci rimangono più facilmente delle polveri delle BenzineVerdi varie. Ergo per aria respiriamo molto più Benzina che Gasolio.....per non parlare dei rendimenti dei cicli di combustione dei due tipi di motore nettamente a favore del diesel. Forse il ministro vedendo le classiche "fumate nere" dei diesel avrà pensato "oddio non respiro!!". SE QUESTI SONO QUELLI CHE RISOLLEVANO L'ITALIA STIAMO FRESCHI.
Transportation versus Industrial

Per un pugno di tick.

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